L’adozione del BIM nella prassi progettuale dei professionisti AEC italiani è stata lenta, ma ha mostrato progressioni costanti. Il numero di studi di progettazione, società di architettura e di engineering, che ha adottato il Building Information Modeling come procedura privilegiata nella quotidianità lavorativa, è cresciuto a partire da uno spartiacque per certi versi storico. Lo spartiacque è solo parzialmente tecnologico e culturale. Il DM 560/2017 che descrive i criteri di obbligatorietà del BIM negli appalti pubblici è la vera ragione che ha dato un impulso deciso all’adozione della progettazione digitale in 3D e con criteri parametrici.
Secondo le rilevazioni di “BIM monitoring”, l’analisi divulgata da CNAPPC – CRESME alla fine del 2018 erano 297 i progetti pubblici italiani gestiti con il BIM contro i 99 dell’anno precedente. Una crescita impressionante che sembra rispondere ad un preciso stimolo del legislatore. Crescono parallelamente anche gli importi delle gare: dai 36 milioni del 2017 ai 246 milioni del 2018, una crescita di otto volte.
Lo spaccato geografico del paese per una volta vede la locomotiva tirare verso sud: sono 174 i progetti BIM dislocati nel centro e sud Italia per un ammontare di gara di 149 milioni di euro, contro i 101 dislocati nel nord della Penisola per una base di gara di poco più della metà: 78,9 milioni di euro.
Il futuro del BIM
Dal 2020 il BIM è diventato un requisito indispensabile per la progettazione di opere il cui importo sia superiore ai 50 milioni di euro. Una decisione che non fa che confermare e rendere evidenti i vantaggi della modalità BIM: maggiore efficienza, risparmi, certezza di spese grazie a computi più affidabili e facilmente prevedibili.
Dal 2025 l’adozione della modalità BIM sarà invece obbligatoria per ogni tipo di opera pubblica in appalto. Questo scenario rende necessario considerare alcuni dati relativi alla filiera del mondo AEC. Se da una parte infatti i progettisti sono sempre più proiettati verso la digitalizzazione e stanno acquisendo una pratica e una competenza sempre maggiori nell’utilizzo del BIM (con alcune eccezioni legate alla dimensione e al fatturato di impresa), non altrettanto si può dire a proposito di committenti, enti pubblici e stakeholder coinvolti a vario titolo dai progetti. Occorre quindi rendere più efficace la diffusione della cultura BIM anche presso quei soggetti non direttamente coinvolti nella progettazione, ma che da una esecuzione efficiente ricavano vantaggi, sociali ed economici.
I dati dell’ultimo report di Assobim ci consegnano inoltre uno ritratto fortemente dicotomico del mondo AEC: fra i professionisti che adottano il BIM il 43% sono architetti e solo il 9% sono ingegneri. I restanti settori occupano una parte davvero trascurabile della torta. Ad esempio, la progettazione impiantistica (il cosiddetto MEP) così come la progettazione strutturale (la modellazione delle armature). Ambiti che beneficerebbero in maniera evidente dall’adozione convinta della metodologia. Basti pensare ai vantaggi che il BIM garantisce in termini di facility management e gestione e manutenzione degli impianti e delle opere civili, così come al vantaggio che offre in fase di calcolo del carico strutturale.